Cari lettori, care lettrici,
La Primavera è abbondantemente cominciata, ma io arranco ancora come una Fiat cinquecento degli anni 60’. in salita e con l’aria al motore chiusa.
Ma, la lagna l’ho già fatta una volta, quindi è tempo di fronteggiare l’ansia e l’inspiegabile malinconia che mi causa la primavera -giuro non capisco, persino il mio terapeuta mi percula-, e tirarne fuori il più possibile. Tipo una newsletter che salta un appuntamento senza apparente motivo logico per farlo.
Sono in qualche modo fiero, tuttavia, di essermi scrollato di dosso quest’apatia facendo una cosa che mai avrei pensato di fare e che invece mi ha aperto le porte della percezione: fare un podcast. Non è il mio, bensì il nuovo fiammante podcast prodotto da
, il gruppo di lettura più bello di Roma Est, e condotto insieme a Carola (ciao ) e al Maestro Franco Diana.Questo mi ha permesso di capire due cose: che tutto sommato mi piace parlare davanti ad un microfono e che odio la mia voce meno di quanto facessi anni fa. Ciò mi ha permesso financo di tentare con “qualcosa” su YouTube (c’entra sempre Strategie, se tutto funziona saprete più in là).
Chi vi scrive cercando di trovare la forza di volontà di mettersi le scarpe sportive ed andare a correre è Alessandro Chiariotti, e questa è Pentaprisma, via!
Esplorazioni
Un paio di mesi ho scattato una foto che mi perseguitava da un po’ di tempo. In una cartolina di una qualche edizione ho scoperto l’esistenza dell’Ippodromo di Tor di Valle.
Da persona totalmente avulsa dai fatti della Capitale, non capivo perché tutti non apparissero stupiti quando parlavo della zona di Tar di Valle. Poi una persona mi ha detto che era uno dei luoghi selezionati per la costruzione del celebre (?) “ssadio daaa’ Roma”. La mia conoscenza dei fatti si ferma qui, non chiedetemi altro, per quello potete rivolgervi alle varie radio sportive della capitale.
Nel 1959, anno della sua costruzione ad opera dell’Architetto Julio Lafuente, era l’Ippodromo più grande d’Europa e vantava la più grande superficie parabolica-iperboloide mai creata (qualcuno con conoscenze di analisi matematica sa di cosa parlo, per gli altri è un grande traguardo architettonico e ingegneristico).
Abbandonato nel 2013 e falliti i progetti per lo stadio nel 2020, l’Ippodromo ha visto la fine di centinaia di strutture del genere a Roma.
Cioè è un gigantesco immondezzaio a cielo aperto.
Non avendo l’attitudine Urbex, sia io che C. (senza la quale sarei stato bloccato dalle mie paranoie di entrare in una zona pericolosa) siamo rimasti fuori, ammirando il grosso traliccio con l’enorme insegna. Uno dei tanti fossili di strutture un tempo anche piuttosto importanti, ridotti a fossili architettonici. Peccato.
Progetti
In tutta la mia (breve) vita da fotografo, non ho mai partecipato a premi e festival. Ho sempre pensato che partecipare ai bandi, alle call, alle portofolio review fossero attività ad esclusivo appannaggio dei fotografi “veri”. Quelli che avevano fatto le scuole e che erano nel giro, di certo non una persona con una laurea STEM in una delle discipline più lontane da qualunque attività creativa. Odio ripetermi, ma avete mai provato a parlare, che so, delle poesie di Carver ad un ingegnere?
Ho sempre pensato di che la mia fotografia avesse ben poco di concettuale, ma, nonostante ciò, mi ha sempre innervosito quando qualcuno la definiva un hobby. Trovo molto svilente accollare ad una passione la fastidiosa etichetta di “hobby”: per me l’hobby è qualcosa che fai nei ritagli di tempo, senza troppa attenzione, spesso in modo passivo giusto per riempire il tempo. Ma soprattutto, è la prima cosa che tagli se di tempo non ne hai.
Oltre a tutto la parola “hobby” crea una spaccatura significativa tra quello che fa parte della vita produttiva e “tutto il resto”, che sembra un tempo accessorio, dove però si concentra lo sviluppo delle persone in quanto esseri umani dotati di coscienza di sé.
Tutto questo giro di parole per dire che vorrei cominciare timidamente ad affacciarmi ai festival e agli ambienti frequentati da altri fotografi. Ad esempio, il Premio Driving Energy di Terna, che ha tutte le caratteristiche per renderlo abbordabile anche un neofita della comunità fotografica come il sottoscritto: ha un arco temporale circoscritto e un tema che non si può conoscere in anticipo.
Dopo alcuni momenti iniziali di panico totale in cui sono rimasto per ore a guardare il tema del festival con aria vagamente interrogativa, qualche idea si è fatta strada lentamente. Ho sentito un podcast, che mi ha fatto venire voglia di cercare su internet un avvenimento, di cui ho parlato con persone che tecnicamente sono legate a questo avvenimento. Tutta questa fumosità non per custodire gelosamente chissà quale idea, ma semplicemente perché ne vorrò parlare solo quando avrò scattato la prima immagine. Si, lo so, forse il premio è banale e magari neanche troppo concettuale, ma da qualche parte dovrò anche partire.
Ho sempre unicamente scattato avendo come unico fine quello di mettere le immagini sui social per “emergere”, ma dopo più di dieci anni abbiamo capito che cosa sono davvero i social. Credo sia il momento, almeno per me, di tirare fuori il materiale dal computer e affacciarsi al mondo “vero” e di cominciare a pensare alla fotografia con piglio più progettuale e usarla per indagare il mondo e non (solo) come fonte di dopamina da social.
Ispirazioni
Ho visto un’intervista molto bella a Todd Hido, in occasione dell’uscita del nuovo libro dal meraviglioso titolo “The End Ends Advance Warnings”. Venderei il fratello che non ho per riuscire a pensare ad un titolo così bello, davvero.
Todd Hido è uno di quei fotografi che farebbero alzare un sopracciglio a qualcuno che non segue la fotografia contemporanea. Nelle sue foto non c’è nulla, è il peso massimo della fotografia che si esplica nella tua testa. Probabilmente qualcuno lo conosce per il suo celeberrimo “House Hunting”, essenzialmente un progetto di ritratti a case, dal tono misterioso, ambiguo e vagamente ossessionante. Un lavoro che invita a guardare e a chiedersi “cosa sta succedendo? Perché quella finestra è illuminata. Come dice Hido stesso “il senso della fotografia è in chi la guarda”
Il suo nuovo lavoro, è un lavoro più orientato al paesaggio, inteso come paesaggio naturale e non documentazione urbana.
Questo è un lavoro, che, a differenza di altri di Hido, non riguarda la documentazione dei sobborghi americani, tanto cari alla storia dell’autore, con cui si è riconciliato in molti dei suo lavori precedenti, ma a detta dell’autore, e nonostante il titolo, è un libro che ha come tema la speranza.
Di nuovo, come spesso accade con questo autore, ci troviamo ad osservare immagini che sono il fondale su cui sono state proiettate le sensazione del fotografo. Un paesaggio di indizi su cui l’osservatore è chiamato ad interrogarsi. E io non posso davvero fare a meno di chiedermi cose quando vedo una foto di Hido
Una delle lezioni più interessanti di Hido è quella di fotografare d’istinto: se qualcosa ci colpisce, bisogna fotografarlo senza farsi troppe domande, perché il senso di quell’immagine spesso è contenuto proprio nella sensazione che ci ha indotto a pensare “forse dovrei fermarmi e scattare una foto”
Alcuni concetti del video in pillole:
Stampa le tue immagini, crea qualcosa di materiale
Ogni fotocamera produce essenzialmente un’immagine diversa. Come ogni pennello ha un segno diverso. E fa tutto parte del gesto creativo
Le fotocamere ha volte non fanno quello che devono, ma a volte è l’imprecisione a creare una sorta di caos ordinato
Basta, non vi dico più nulla, perché conviene sentire queste riflessioni dalla viva voce dell’artista, piuttosto che mediate da una persona che al massimo potrebbe portare il treppiede a Todd Hido
Vi consiglio anche di recuperare la monografia “Intimate Distance”, una raccolta dei principali lavori di Todd Hido
Qualcosa che mi fa pensare alle foto di Todd Hido:
Bene, siamo alla fine di questa newsletter a metà tra atmosfera e Febbre da cavallo. A voi Todd Hido piace? lo trovate troppo vernacolare e pensate “vabbè ma questa la potevo scattare anche io” Fatemi sapere che ne pensate!
Come sempre, per commenti, opinioni, insulti, frizzi e lazzi non esitare contattarmi per e-mail o nella sezione commenti di questa Newsletter.
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Ci sentiamo tra due settimane! Viva!
Alessandro Chiariotti.
Ciao Ale :D (si vede che sei giovane perché ai tempi miei a Tor di Valle ci si andava a ballare)