Salve salvino lettori e lettrici
Ho cominciato a buttare giù questa newsletter in una casetta immersa in un bosco nell’Appennino tosco-emiliano. Sono all’ombra di una quercia centenaria, di fronte a me si apre un intricato bosco di pini, castagni e faggi. A pochi passi c’è una radura con un frutteto e, poco più in là, scorre un torrente dove ogni tanto vado a fare il bagno. Fa fresco, le notti sono silenziose e, per ora, i giorni più caldi mai registrati sono solo un monito che aleggia in fondo alla valle, verso Arezzo e ancora più in là, nella cappa che avvolge Roma. Sto finendo di scrivere in un afoso pomeriggio di fine Luglio, ad una maledetta e infernale settimana lavorativa dal break estivo. Si, era meglio prima.
Mi chiamo Alessandro Chiariotti, questa è Pentaprisma e no, non sto per ritirarmi nei boschi come Unabomber.
Annunciaziò Annunciaziò!
Prima di cominciare, due righe al volo per alcune informazioni di servizio: nel corso degli ultimi mesi Pentaprisma ha fatto un pit-stop creativo in cui mi sono preso del tempo per sistemare alcune cose che non andavano e pensare ad una nuova direzione artistica. Anzi, ne approfitto per ringraziare Valentina Aversano, per la preziosissima consulenza editoriale e C. per il fantastico regalo.
Pentaprima da Settembre diventa ufficialmente bimensile ed uscirà il secondo e l’ultimo giovedì del mese. Ho deciso poi di strutturare la newsletter intorno a quattro aree tematiche diverse per rendere il tutto più chiaro e fruibile:
Ispirazioni: tutto ciò che mi ha ispirato recentemente
Esplorazioni: cose che sto indagando in questo periodo
Progetti: progetti -miei o di altri- su cui mi sto concentrando
Marchingegni: discussioni su catafalchi fotografici
Forma a parte, la sostanza rimane comunque più o meno la stessa, cioè io che blatero a rotta di collo di fotografia, quindi non rimane altro che mettersi ai posti e aspettare il “bang” dell’arbitro.
Ispirazioni
Se io adesso -out of the blue, come direbbe Neil Young- vi chiedessi a cosa vi fa pensare il nome Jason Lee, cosa mi rispondereste?
Comincio io: quando ho sentito questo nome, nella mia testa qualcosa ha fatto click? Cavolo, questo nome non mi è nuovo, ho pensato. Quindi ho fatto la cosa che farebbe qualunque millennial, ovvero l’ho cercato su Google.
Non appena ho visto la foto, l’illuminazione: ma è Earl, quello di My Name is Earl!
Avevo completamente rimosso questa serie, che nei primi anni 2000 ha avuto un discreto successo in Italia. Se questo titolo non vi dice ancora nulla, pensate a questo dialogo:
“Bella Earl!”
“Ehilà Gamberone!”
Ora è chiaro, giusto?
Ricordo che al tempo la serie piacque molto al me liceale e decisamente ignaro del mondo, in particolare il monologo introduttivo di ogni episodio:
“Avete presente quel tipo di soggetto che fa una bastardata dopo l'altra e a un certo punto si meraviglia che la sua vita fa schifo? Bene, quello ero io! Ogni volta che mi capitava qualcosa di buono, qualcosa di cattivo era in agguato dietro l'angolo: è il Karma! Ecco perché ho deciso di cambiare: ho fatto una lista di tutte le mie cattive azioni e da allora cerco di rimediare agli errori che ho commesso. Mi sto solo sforzando di essere una persona migliore. Il mio nome? Earl”
Per dirlo alla settimana enigmistica, non tutti sanno che Jason Lee, prima di essere un attore, è stato uno dei più famosi e popolari skater del mondo ma la cosa che mi ha più colpito è che Jason Lee è anche un fotografo F-E-N-O-M-E-N-A-L-E.
I suoi progetti fotografici si basano tutti sulla documentazione del paesaggio americano e Jason è uno di quei fotografi che si imbarcano in viaggi in macchina lunghissimi per esplorare il lato più rurale e fuori dalle rotte degli Stati Uniti.
Se volete farvi un’idea dei suoi lavori, tutti rigorosamente scattati in pellicola -spesso su grandissimo formato-, Jason Lee ha un suo sito decisamente ben fatto, dove potete trovare moltissime sue immagini in alta risoluzione, nonché descrizioni molto accurate dei suoi progetti. Vi consiglio di andare a vedere il suo “A Plain View” durante tre mesi di viaggio nel Texas rurale: è uno di quei lavori che, almeno personalmente, non riesco a smettere di guardare per la bellezza, la profondità delle immagini e per le sensazioni che riesce ad evocare.
Esplorazioni
Dopo più di vent’anni passati tra le campagne della bassa Sabina, da qualche tempo sono tornato a vivere assieme a C. a Roma. Il quartiere dove vivo è uno dei non-luoghi nati come funghi attorno a nodi importanti del Raccordo. E’ un quartiere di piccole palazzine in cortina, separate da una scacchiera ordinata di strade. Due pizzerie, qualche bar, una sala scommesse, due supermercati. Due linee di autobus di Roma Tpl, la maggior parte delle volte non pervenute. In sostanza è quello che molti definirebbero un “quartiere dormitorio”.
Viviamo qui da molto tempo, eppure fino a qualche settimana fa non avevo mai fotografato nulla in quartiere, percependolo più che altro come “quel posto dove torni la sera per poi uscire di nuovo”. Tuttavia, ho deciso di prendere in mano la camera e cercare di creare un documento che rappresenti uno spaccato di un tipo vita su cui raramente ci si sofferma senza preconcetti, nonostante ormai voci decisamente importanti -vedi Zerocalcare- si stiano spendendo per raccontare la vita in periferia rifuggendo da semplificazioni e pregiudizi.
Per ora ho scattato qualche rullo 120 in bianco e nero che non ho ancora sviluppato e ho in mente un titolo che faccia da filo conduttore. Nelle prossime newsletter spero di condividere con voi qualche scatto da questo progetto.
Progetti
A Settembre torna il Funzilla Fest uno dei festival romani di fanzine ed editoria indipendente che più in assoluto. L’anno scorso ho partecipato assieme a C., portando un progetto fotografico svolto a quattro mani durante un torrido ferragosto siciliano.
Per quest’anno ho deciso di raccogliere un po’ di materiale e partecipare con una mia zine personale. Il progetto ha come titolo due versi di una poesia di Robert Frost che mi sembra incapsulino perfettamente lo spirito delle foto che ho selezionato:
I shall have less to say,
but I shall be gone
I versi sono tratti da “The sound of the Trees” di Robert Frost, uno dei più famosi poeti “bucolici” - passatemi il termine- americani. L’idea di una sorta di anelito incompiuto alla partenza e all’allontanamento è risultato ai miei occhi una definizione che potesse collegare molto bene una parte della mia produzione recente:
Nelle prossime Newsletter descriverò i vari passi che farò per arrivare ad una zine a partire da materiale grezzo selezionato. Parleremo di design del libro, di stampa di rilegatura e di tutti gli esaurimenti nervosi che avrò nel mentre.
Marchingegni
Diversi mesi fa mi ero appassionato ad un particolare tipo di formato 35mm, ribattezzato dagli appassionati “Half-frame”: trattasi di macchine particolari che nello spazio di un fotogramma orizzontale “classico”, scattano due fotogrammi già piccoli affiancati (agevolo esempio):
Trovando l’idea di poter scattare dei dittici, mi sono fiondato su ebay e ho preso senza troppe cerimonie una Chaika II, un vecchio pezzo di alluminio russo con l’unico grande pregio di costare molto poco.
Alla fine, dopo tre rullini di test in cui diversi componenti meccanici non hanno fatto il loro dovere, la Chaika è stata declassata a soprammobile. Proverò qualche altra fotocamera nel futuro e parleremo come si deve di questa esperienza di scatto, promesso.
Bene, questa lunghissima NL di ricapitolazione e di informazioni di servizio è giunta al termine, ci vediamo a Settembre con una newsletter tutta nuova e piena di voglia di fare
Come sempre, per commenti, opinioni, insulti, frizzi e lazzi non esitate contattarmi per e-mail o nella sezione commenti di questa Newsletter. Se non lo fai già, seguimi anche su Instagram.
Grazie per l’attenzione, vi auguro un Agosto pieno di ricchi bagni, fresche camminate in montagna, pile di libri letti e un numero risibile di rotture di cazzo. Un’estate che suoni più o meno così:
Ci sentiamo a Settembre! Viva!
Alessandro Chiariotti.
Bravo Ale, hai fatto davvero un buonissimo lavoro e... Voglio tantissimo una Chaika!