N.B: a causa della lunghezza della NL, vi consiglio caldamente di leggerla dal sito o dall’app di Substack
HÆ care lettrici e cari lettori,
Mentre scrivo queste parole è il 24 (circa) di Agosto. Sto aspettando un amico su una panchina in uno dei quartieri più affollati e trafficati di Roma. Tutti i negozi, persino gli irriducibili, sono chiusi. In strada, il silenzio 3 spezzato solo qualche auto sporadica, da una finestra in lontananza si sentono le note di “Heaven” di Bryan Adams. Fa ancora un caldo mortale, due persone si incontrano e discutono sull’evento metereologico della settimana, un fantomatico temporale in grado di portarsi via caldo, estate ed ecoansia in un colpo solo.
Era tanto che non mi capitava di osservare e ascoltare Roma d’Agosto, quel periodo che la priva di tutti i suoi disagi e le infonde una calma meditativa. Una sensazione che, se ci penso, viene perfettamente incapsulata dalle prime magiche, fantastiche e commoventi sequenze di “Caro Diario”.
Mi chiamo Alessandro Chiariotti, questa è Pentaprisma e no, purtroppo non ho una Vespa.
Ispirazioni
Le mie avventure in analogico sono cominciate e sono state accompagnate da un avvicendamento di un particolare interesse per quella che negli Stati Uniti hanno definiscono “New Topography”. Nasce tutto nel 1975, quando al George Estaman House International Photography Museum di Rochester, NY ( la sede della Kodak, tra l’altro) viene allestita la ora celeberrima mostra "New Topographics: Photographs of a Man-Altered Landscape". Robert Adams, Stephen Shore Lewis Baltz, Joe Deal, Frank Gohlke, Nicholas Nixon, John Schott, Stephen Shore, Henry Wessel, Jr. al tempo non erano che giovani e talentosi fotografi, lontani ancora dalla fama che avrebbero avuto nei decenni successivi, ma il loro sguardo ironico, surreale e svolte critico dell’allora “nuovo” aspetto del paesaggio Americano è stata una pietra miliare per tutta la fotografia a seguire.
Qualche anno dopo la mostra dei New Topographers -siamo nel 1987-, viene alla luce uno dei progetti più interessanti di questo filone. Parliamo di American Prospect di Joel Sternfeld. Per me è molto difficile riuscire ad esprimere le sensazioni che mi suscitano queste foto, so solamente che ogni volta vengo completamente mesmerizzato dal suo sguardo così acuto, misterioso, ironico, critico, surreale. Vorrei riuscire a vedere la realtà in questo modo. Dall’assurdo all’ironico, dal drammatico al lirico, la capacità di cogliere una gamma di qualità del “banale quotidiano” così ampia, è un fattore che continua a farmi tornare a questo lavoro di Joel Sternfeld ancora e ancora, cercando sempre di tenerlo come stella polare nel mio approccio alla fotografia documentaristica
Gran parte dei libri di Sternfeld, tranne qualche significativa edizione di Steidl, sono ormai pezzi da collezione, ma fortunatamente nel suo curatissimo sito potete perdervi in tutti i suoi progetti in alta risoluzione (date un’occhiata a Rome after Rome e Campagna Romana e osservate come viene rappresentata Roma da un fotografo del tutto avulso dal contesto).
Con mio estremo piacere, infine, mi sono accorto che Steidl ha ristampato nuovamente American Prospect, rendendolo finalmente disponibile senza doversi tuffare nel costoso mondo del collezionismo. Non potrei essere più felice.
Esplorazioni
Recentemente sono incappato nel mio archivio in un paio di rulli di, udite udite, Street Photogaphy. Ho un rapporto molto strano con la Street: qualche anno fa la praticavo, ma ero sempre fermo a quella cosa un po’ cringe di fotografare solo artisti di strada e persone di spalle. Ma, d’altronde, con un carattere come il mio, la Street è sempre stata come la Kriptonite: il terrore che qualcuno venisse a confrontarsi con me per una foto scattata, l’ansia dello scattare una persona a pochi passi da te sono sempre stati argomenti che mi hanno fortemente dissuaso. Ultimamente, grazie alla mia piccola Olympus XA, sono riuscito a scattare in “relativa” tranquillità e senza dare troppo nell’occhio. Sarò che la luce era molto bella, sarà che la Kodak cine che ho usato ha dei colori pazzeschi, ma devo dire che di questi scatti sono molto soddisfatto. Dovrei decisamente riprendere con questo genere.
DISCLAIMER: la Street Photography è una cosa che, se fatta senza consapevolezza, può essere un problema per voi e per gli altri. Quindi non scattate foto a bambini e a persone in condizione di evidente difficoltà, informatevi sulle regole che governano la privacy e non litigate con le persone in strada. Insomma: fa’ la cosa giusta (cit).
Progetti
L’ultima volta vi avevo mostrato un po’ di immagini di un progetto personale che ho cominciato ad assemblare nel corso degli scorsi mesi, “I shall have less to say, but I shall be gone” (qui il vecchio post con la faticosa e farraginosa genesi del progetto).
L’estasi da messa a terra di un’idea vagamente artistica è comunque durata meno del previsto, mandata al tappeto come Sonny Liston da Muhammed Alì. In questo caso Muhammed Alì aveva più o meno l’aspetto di un grosso punto interrogativo: ma, di preciso, come si crea una Zine?
Superato il panico iniziale (“ah, quindi dovrei usare InDesign? e che cos’è”), ho cercato di spacchettare il problema, che potrebbe essere diviso in:
Selezione
Editing & Sequencing
Layout
Stampa
Selezionare le immagini è stato relativamente semplice, avendo già un’idea di massima rispetto al mio archivio. Ridurre quel numero di immagini ad un terzo un po’ meno. Creare un racconto componendo le immagini ha quasi stroncato contemporaneamente me ed il progetto.
Non mi ero mai trovato nella condizione di selezionare contenuti per una Zine, quindi non ero minimamente in possesso degli strumenti di scelta. Poi ho capito che l’approccio matematico e razionale non assolutamente la chiave per sbrogliare la matassa, chiave che invece risiede nel guardare, confrontare, accostare le immagini fino ad intravedere delle connessioni inediti e spesso impensabili.
Cosa ho imparato, insomma, da questo lavoro?
Tutte le foto sono belle, non tutte sono utili: scartare alcune foto che mi piacevano enormemente, però a volte semplicemente non funziono assieme alle altre
Tornaci dopo, poi domani, poi tra una settimana. Poi guardale con qualcun*: non avere fretta, tanto la prima selezione è sempre, inequivocabilmente, un. Tornaci, poi chiedi a qualcuno di aiutarti, se sa quello di cui si parla è meglio (grazie C., perdonami per l’inquinamento acustico da borbottio)
Nella prossima NL parleremo di come si crea effettivamente e cosa significa stampare una Zine.
Marchingegni
Non diciamoci bugie, sono tempi duri per chi scatta a pellicola. Kodak -chi è più informat* già lo sa- sta attraversando un periodo di scelte industriali peculiari: colta alla sprovvista dal repentino aumento della richiesta di pellicola qualche anno fa, non è mai riuscita ad adeguare la produzione (gran parte degli impianti produttivi sono stati chiusi dopo l’avvento del digitale, d’altra parte), cosa che ha portato i prezzi a salire. Poi, vediamo: pandemia, crollo delle esportazioni, carenza di materie prime, crisi delle spedizioni, inflazione galoppante (almeno da noi). La ricetta del disastro.
Una confezione da 5 pellicole di Portra 400 oramai costa dagli ottantacinque (OTTANTACINQUE) ai 100 (CENTO. NA PIOTTA) euro. Quando ho cominciato a scattare l’immarcescibile Ilford Hp5+ stava sui cinque, ora è raddoppiata. Le pellicole colore economiche, quelle che nostro papà usava in vacanza negli anni 90’
Aggirandomi, come mio solito, per i mercatini, l’illuminazione! Per una manciata di euro (decisamente meno del suo valore online) ho trovato una vecchia bobinatrice per avvolgere da sé i rullini. Grazie a un paio di interventi tecnici -grazie papà- è stata modificata per essere utilizzata con le moderne bobine da 30m di pellicola.
Si ma a che serve? Più o meno creando da sé i propri rullini si riesce a tagliare di circa la metà i costi e rendere più sostenibile continuare a scattare in analogico. Not bad, eh? Nei prossimi numeri di Pentaprisma vi racconterò di più su questo processo e dei vantaggi che porta. Intanto potete farvi un’idea qui.
Il riassunto musicale della NL:
Bene, anche per questa volta siamo arrivat* alla fine, nella prossima Newsletter vi farò un resoconto dei tre giorni del Funzilla Fest 2023. Per chiunque volesse passare a fare un saluto a me e a tutti gli altri espositori, ci si vede il 23-24-25 Settembre ad Industrie Fluviali!
Come sempre, per commenti, opinioni, insulti, frizzi e lazzi non esitate contattarmi per e-mail o nella sezione commenti di questa Newsletter. Se non lo fai già, seguimi anche su Instagram.
Ci sentiamo tra due settimane! Viva!
Alessandro Chiariotti.